Era settembre 2009 quando feci la prima valigia con l’intento di non tornare a casa prima di tre mesi, e tutti avevano scommesso che non ce l’avrei mai fatta. Mi avevano data per spacciata ancora prima di cominciare, della serie se non vedo non credo. E forse un po’ ci credevo anche io. Ma quando con la mia valigiona rossa laccata sono scesa in piena notte davanti alla chiesa gotica di rue de Jourdain, non ho avuto più il minimo dubbio.
Parigi con il suo sole di settembre è diventata fin da subito la mia casa. E nonostante le difficoltà continue e gli scontri con una burocrazia francese che non sembrava tener conto del fatto che io fossi inspiegabilmente una straniera, ricordo ancora di quando camminavo per strada con il naso dritto, la fronte corrugata e gli occhi pensierosi per darmi un tono da parigina.
Avevo una piccola casetta di 24mq in una piccola stradina, Villa de l’Ermitage, un antico ricordo della campagna parigina, e la cosa buffa era la presenza di un comitato che tutelava le sue piante, i suoi alberi, i suoi cespugli e i suoi fiori. E alla domenica di fine settembre si riuniva in strada con torte, biscotti e vino per tutti. In realtà sembrava di essere ovunque meno che a Parigi.
Ricordo una delle prime serate. Faceva ancora caldo e il cielo era chiaro e limpido, la notte pareva non volesse arrivare. Dopo una lunga camminata nel quartiere, siamo arrivati in cima alla collina del Parc de Belleville e lassù abbiamo brindato ai futuri mesi con gli occhi già pieni di Parigi.